A suo luogo accennerò della causa, onde la riforma venne meno in Italia; intanto se ciò fosse bene o male, io non saprei; dacchè la riforma ti paia cosa finchè combatte, ed abbatte: adesso cattolicismo, e riforma mi fanno sembianza di gladiatori spiranti per le mutue ferite; chi lamenta la unità cattolica offesa per mio avviso ha torto; imperciocchè prima di raccogliere gli uomini tutti, o almanco la massima parte, in una fede sola essa decadde per non riaversi mai più; nè era desiderabile, che da lei si assembrassero i viventi dentro concetto di errore; e parmi non abbia ragione chi si lagna, che non incontrino favore fra noi le dottrine dei riformisti, dacchè se meno assurde tuttavia ci sonano a posta loro erronee, o almeno vuote della verità finale in cui spero, che si appunteranno un giorno tutti gl'intelletti umani: - Dio -
Dio, mente dell'universo, al sentimento del quale per sicuro non ci avviano nè Bibbia, nè Corano, nè altro libro di religione antico o moderno; e dico sentimento non conoscenza, però che per questa a noi facciano difetto sensi, e spiriti, mentre per sentirlo ci basta amore.
Poichè in fondo all'agonia di fondare stato alla sua casa Lione si trovò con tre bastardi, Giulio cardinale poi Clemente, Ippolito e Alessandro, di un tratto preso da non so quale uzzolo di emulazione per Giulio II si mise a gridare: "fuori barbari!" A questo fine aizza l'un contro l'altro Francesco I e Carlo V, i quali non avevano bisogno di stimoli; al Papa piacevano Parma e Piacenza guadagnate da Giulio, e perdute da lui; onde ricuperarle bisognava romperla con la Francia; gli garbavano altresì molte provincie del regno di Napoli, e tutto, magari, se si potesse; ma per questo bisognava osteggiare lo Impero; scelse per amica la Francia; poi allo improvviso lasciata in asso la pratica si accorda con lo Impero: di qui la guerra che il Guicciardino descrive, e della quale fu parte: anco una volta ebbero a sentire i Francesi (comecchè non l'abbiano imparato mai) la terra d'Italia avere destinato i cieli per loro sepoltura; persero Milano, Lodi, Pavia, Como, e Parma e Piacenza; queste due città insieme a Ferrara, per patto accettato da Carlo V, dovevano aggiungersi alla Chiesa.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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