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      A tanta mole quasi bastò un matto; e questi fu Inigo, o vogliamo dire Ignazio Lopez di Recalde nato a Loiola nella Guipuscoa. La Chiesa lo ha scritto sopra l'albo dei santi, ed il Gioberti me lo ciurmò uomo grande da paragonarsi con Giulio Cesare in tutto e per tutto, perfino negli occhi grifagni; stravizi d'ingegno, che perse, o non ebbe mai bussola: tu lettore mira se matto o savio potesse essere Ignazio: ei nacque di signorile lignaggio; cresciuto in castello remoto il suo cervello si saturava con ogni maniera di frottole, e di errori da lui parimente creduti, e serbati cari; da prima usò in corte di Ferdinando il Cattolico, poi in quella del duca Najara dove vie più gli prese a turbinare dentro la mente una vertigine di armi, di amori, di cavalli, di dame, di santi, di apostoli, di angioli e di demoni: alla difesa di Pamplona contro i Francesi percosso di terribile ferita in ambedue le gambe, rimase, finchè visse, zoppo. -
      Giacente nell'ospedale sul letto del dolore, non consolato da congiunti, o da amici, in sollievo delle sue sofferenze finchè il giorno durava leggeva assiduo i romanzi di cavalleria, massime l'Amadigi delle Gallie, e insieme ai romanzi le vite, o piuttosto le leggende dei santi, di Cristo, e di Maria; durante la notte sognava, ed anco ad occhi aperti vedeva, battaglie stragrandi di angioli e di demoni, giganti immani terribili dragoni strascinati in omaggio ai piedi della Beata Vergine; lo pungeva cocente emulazione per Domenico Guzman anch'esso dalla Chiesa convertito in santo; mirava superarlo debellando gli eretici con isterminati colpi di spada, e con colpi non meno sterminati di devozione; sarebbe ito a Gerusalemme, nelle parti più lontane del mondo a vincere anime a Cristo, anzi sceso dentro lo inferno a sfidare a duello Lucifero, abbatterlo, e mandarlo in dono alla donna dei suoi pensieri Maria: sue armi, daga e vangelo, o piuttosto le miserabili scritture con le quali monaci ignoranti contaminavano questo libro santissimo: così travagliandosi dopo molto stento potè levarsi ranchettando da letto e corse in furia a Monserrato, dove fece la veglia delle armi, ch'era una cerimonia di notti passate nella veglia, nel digiuno, e nella orazione ond'essere creato cavaliere della Santa Maria Vergine: per colmo dello staio si dilettava di comporre versi; io non l'ho letta, ma dicono, che ci avanza di lui una romanza sopra San Pietro, che basterebbe sola come certificato di pazzia per ischiudere le porte del manicomio ad ogni fedele cristiano.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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