Se questo Papa fosse o no santo ignoro davvero: di certo so, ch'egli era imbecille, testardo, e malvagio, e la Chiesa sotto il suo pontificato si trovò ridotta a tale, che peggio non si può dire.
Nella Germania, opponendosi egli, per odio contro la casa di Austria, alla trasmissione della corona imperiale a Ferdinando I, il protestantismo per connivenza, e per favore di lui si dilata nella massima parte delle città; la Polonia, e la Ungheria bollono; Ginevra diventata Roma dei calvinisti, con lei gareggia nel primato di eresia Wittemberga; la Scandinavia tutta repudia il cattolicesimo; in Francia e nei Paesi Bassi non solo, ma nella Spagna, e nella Italia altresì formicolano le nuove dottrine: la Brettagna andò perduta, e la poteva salvare, se meno impronto, e meno tracotato avesse proceduto con la regina Elisabetta, però, che innanzi di accettare qualunque proposta di accordo impose tutti i beni chiesastici fossero restituiti, il danaro di San Pietro da capo come ai tempi di Gregorio VII si collettasse; la regina per quello che spetta i suoi diritti al giudizio di Roma si sottoponesse; e poichè gli parve, che Reginaldo Polo non camminasse di buone gambe, gli tolse la legazione della Inghilterra, che da cotesta ora in poi ama il papato come il fumo agli occhi; tenne ferme Spagna ed Italia perchè accanto alla croce rizzò su la forca. Ora vediamo succedergli Pio IV a industriarsi di ottenere i medesimi intenti con partiti contrari; il papato in sua movenza fermo con tutti i venti gira le vele al suo mulino; ei fu dei Medici di Milano, di linguaggio piuttosto misero, che povero; andò debitore di ogni sua fortuna al fratello Giangiacomo il quale incominciava col fare il sicario: costui ammazzò per prezzo ai Visconti, che poi lo mandarono al castello di Musso sopra il lago di Como con lettere al Governatore perchè lo spegnesse; sennochè egli accortosi della ragia tolti seco alcuni compagni, entra in castello, e l'occupa: presolo con arte, lo difese con virtù, finchè compostosi con Cesare piglia croce bianca, e si converte imperiale; fu generale di artiglieria in Germania, e capitano supremo nella impresa di Siena: ebbe fama meritamente di spietato, e di avaro; quanti gli capitavano contadini portatori di vettovaglie a Siena tanti impiccò, ovvero di sua mano col bastone ferrato ne stritolò le ossa.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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