Questi ed altri siffatti meriti supremi ora ed allora presso la Chiesa, per la quale cosa prima lo promossero commissario della inquisizione, poi vicario dello inquisitore generale; poco dopo Paolo IV volle consacrarlo vescovo di Nepi, e Sutri, ed indi a sei mesi Cardinale, e Inquisitore generale: eccessivo l'ufficio; e troppo più eccessivi i modi di esercitarlo, sicchè Pio IV lo cacciò via dal Vaticano, e lo ammonì a procedere con maggiore discrezione, se pure non voleva andarsene diritto come un cero in Castello. Diventato Papa invece di mutare costumi, levò la muserola alla immane indole sua: non conobbe giocondità alcuna di vita; il cibo più che parco, la bevanda acqua mista a poco vino, e al Tiepolo che gli osservò a quel modo non potria durare rispose sarebbe già morto se non costumasse così; mangiare la carne per medicina; non lasciò mai la camicia di rascia che come frate soleva portare; lunghe le preghiere, spessi i digiuni, i cilizi, le lacrime, le processioni a piedi, e capo ignudi, l'estasi, e i deliqui, insomma nulla difettava in lui di ciò, che forma un santo vero a mo' della Chiesa.
Subito la prese con le cortigiane, che in Roma furono sempre in numero stragrande, e nulla valse a chiarirlo che per la lontananza loro Roma andrebbe deserta; i disordini che ne uscirebbero infiniti; quello che premeva era attutire la lussuria, non già scacciare le meretrici; rimase sul duro, o fuori esse, od egli: e quelle partirono; tra esse, e i bertoni di un tratto Roma si vide scema di venticinquemila, e più persone (chè anime non mi pare che si abbia a dire); fra i creditori di quelle per danari o per robe date in prestanza un diavolio; peggio quest'altro, che degli amanti non pochi si mutarono in assassini, e colto il destro, fiduciosi d'impunità, parte delle sciagurate femmine misero alle coltella, parte annegarono dentro il Tevere: dopo cotesto groppo di danni il Papa consentì a correggere il suo comando: vietò ai medici visitare gl'infermi oltre la terza visita se non si fossero confessati; frugò per le case, pei letti maritali levando scandali quasi polvere turbinata dal vento sopra le pubbliche strade: ai bestemmiatori multa, frusta; e all'ultimo lingua fessa; fino sul vestire più o meno ampio pose norme, e divieti; egli stesso accusò il suo nipote Paolo ai Conservatori di Roma colpevole di vestire brache grandissime; e poichè i Conservatori pensando ch'ei risposero, che i nipoti del Papa non andavano soggetti a simili prammatiche, egli tutto acceso soggiunse: "anzi hanno ad essere i primi, sostenete il mio nipote, e dopo avergli cavato di bocca chi gliele ha fatte condannate lui e il sarto.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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