Tali i detti, ed i concetti del sommo Sacerdote, onde ogni uomo anco cattolicissimo si persuada, non avere poi ad essere un gran che il Papa, se ad ammannirlo tale bastano talune nerbate applicate da un frate scolopio sul postione ad un marchigiano. La faccia sua fu sempre di prete pasciuto di marzapane, e di avemarie, con qualche fiore di cicuta mescolatoci dentro, sorridente un riso tra il bambolo, e lo scorpione; percosso nei primi anni da morbo regio, o vogliamo dire epilessia, irruppe sfrenato colà dove alla cieca Venere più piace; e a tale, che gliene fece rimprovero rispondeva: sfidato della vita volere annegarsi nella voluttà: sembra però, che poi mutasse consiglio per virtù di certa donna (di cui tacerei volentieri il nome se non fosse noto all'universale) la principessa Clara Colonna: questa, non già Maria vergine, fu la patrona del giovane Mastai nel mondo, il quale entrò nelle guardie nobili di Pio VII. Il Plutarco di lui scrive averlo chiamato Dio con particolare vocazione a difendere la santa Sede come soldato, come vescovo, come cardinale, e come Papa: su di che noto, che s'egli tutela la Chiesa da Papa come la custodì da soldato l'avrebbe a stare fresca.
A giudicarne dal poco tempo che il Mastai cinse la spada si ha da credere, che in onta al suo panegirista nè anch'egli si reputasse legno da cavarne po' poi un Giulio Cesare o un'Alessandro Magno; però di corto barattò la spada in aspersorio, e l'elmo per la tonsura: andò compagno a Monsignore Muzi nell'America meridionale donde tornato nel 1825 resse prima l'ospizio di S. Michele, poi fu arcivescovo di Spoleto, e vie via vescovo d'Imola, e Cardinale senza infamia, e senza lode.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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