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      E' vuolsi credere piuttosto, ch'egli a quel modo favellasse per foggiare la Costituzione nella guisa, che gli garbasse meglio: infatti i suoi panegiristi discorrendo per lo appunto dello Statuto lo scusano ragionando così: non egli diresse i moti della Europa, ma ci resistè più che per lui fu potuto, e quando la prepotenza dei casi lo scaraventò fuori di carreggiata egli li dominò con mirabile coraggio; in tutte le concessioni che gli furono estorte egli protestò in favore delle verità sociali che la rivoluzione aborrì, e quantunque minacciato più degli altri, meglio degli altri stette fermo a cagione delle qualità di Principe, e di Pontefice raccolte nella sua persona; e poi spiegando a parte a parte il papesco Statuto esclamano: "quale sovrano avrebbe ardito tanto a quei tempi?"
      Nel 1848 i Principi, eccetto Carlo Alberto, e del popolo i moderati, o come allora si chiamavano i dottrinari, trasecolavano degli spiriti guerreschi desti a un tratto in Italia, e dello smanioso chiedere armi, e battaglie; e pure doveva essere agevole prevedere che il popolo irrompe colà dove la passione lo tira: ora suprema passione del popolo l'affrancazione della sua terra da qualsivoglia servitù straniera, e gittar via da sè la turpe fama di codardo, la quale gravissima per tutti per gl'Italiani poi suona incomportabile, come quelli che abitando la terra degli antichi Romani se ne estimano eredi: quindi tu pensa se gli abitatori di Roma, e dello agro romano bollissero.
      Il Gavazzi allora frate barnabita uomo potente di voce, di aspetto, e di parole aggiungeva legna al fuoco (e non ce n'era bisogno) con questa orazione da lui pronunziata nel mezzo al Colosseo del tutto degna che la storia ricordi: "tempo già fu quando i popoli di occidente vollero riscattare il sepolcro di Lui che della Croce fece fondamento alla libertà, moltitudini di uomini furono visti segnarsi della Croce il petto, e drappellato il gonfalone di Cristo avventarsi contro l'oriente!


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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