La enciclica del 29 aprile gli intendenti giudicarono peggio che slealtà, goffaggine pretta; per essa si conobbe la verità del proverbio, che chi troppo l'assottiglia lo scavezza, però che l'Austria non sia pesce da pigliarsi da cotesti bertovelli, e ricordò la protesta della Corte Romana al Congresso di Vienna quando le tolse il Polesine di Rovigo, nè lo dimentica adesso, che non alzerebbe un dito per sovvenire al papato: il popolo dall'altra parte ne venne in furore; il Papa da prima pretese mostrarsi impermalito, ma conosciuto poi, che questa volta la corda stava per istrapparsi si affrettò a dichiarare, che se egli non ispingeva a combattere l'Austria non parava persona ad andarci; per meglio blandire gli animi infelloniti mutava subito il ministero eleggendo uomini in buona vista del popolo. Pellegrino Rossi, che per sua sciagura, indi a poco entrò nei Consigli del Papa scrivendo in Francia così ragionava della sua condotta: "gli avanzavano due partiti da prendere, o l'intervento pacifico o la guerra; si addiceva il primo al Pontefice, la seconda al Principe italiano; egli non seppe fare l'una nè l'altra cosa, nè dichiarare la guerra, nè impedirla."
Tanto bastava per generare gozzaie non rimediabili mai, e nondimanco da questa ora in poi crescono le bizze di Pio IX, sicchè proprio parve agli uomini gravi un fanciullo stizzoso; mentre gli durava la paura scrisse una epistola allo imperatore di Austria perchè a bocca baciata si ritirasse in Austria lasciando la Italia, e da quel buon figliuolo ch'egli era senza tanto stintignare obbedisse; io per me credo non si sia mai fatto al mondo tanto sciupìo di carte come a quei tempi; il Mazzini scrisse al Papa per convertirlo e persuaderlo a tornarsi a pescare; Pio IX scrive allo imperatore di Austria per convertirlo e persuaderlo a tornarsi semplice arciduca; e se fosse solamente carta quella, che fu sciupata mi accheterei, ma sciupati altresì andarono buon senso, lealtà, e tempo, che Dio certo ci dava perchè lo impiegassimo meglio.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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