Pio picchia a tutte le porte per formare un nuovo ministero, nè potendo rinvenire meglio ricorre ad Eduardo Fabbri infermo, e settuagenario, cultore di buoni studi, ma alieno alla politica, di negozi imperito. Gli Austriaci tumidi delle riportate vittorie, pigliano diletto a provocare il popolo, obliando che avevano vinto le milizie regolari, ma dai popoli erano stati vinti. Welden entra in Bologna; i soldati insultano e vengono manomessi; il capitano austriaco impone gli si consegnino i rei, i cittadini, che gli hanno per innocenti anzi per eroi li negano; dalle parole ai fatti; per quattro intere ore si attende da una parte, e dall'altra a rompersi le teste; il popolo bolognese mostra a prova averla più dura dello austriaco, e lo caccia: a Roma il popolo imperversa, anco al vecchio Fabbri s'infiamma il sangue e manda fuori bandi ardentissimi; e non ce n'era di bisogno: a Pio in proporzione che il sangue si scalda altrui si raffredda il proprio; il Fabbri risegna il governo, e Pio gli surroga Pellegrino Rossi. Questi richiesto prima del Fabbri aveva rifiutato perchè avendo troppa parte di vita logorato fuori d'Italia, gli umori degl'Italiani ignoti erano a lui egli ignoto agl'Italiani; aveva moglie protestante, forse protestante egli stesso; professore in Francia di varie dottrine; riputato, edotto non però ingegno supremo; i suoi scritti come invisi a Roma erano messi allo indice: apparteneva alla setta, che allora in Francia si chiamava dottrinaria; lo aveva portato su il Guizot: possedeva in copia la superbia, e la presunzione doti comuni a cotesta setta; l'acerbità dei modi era sua.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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