L'omicida ai più parve giovane di 20 o poco più anni, di poca barba, e smilzo; appena fatto il colpo gli gettarono addosso un mantello da guardia civica, e sparve con seco i complici, dei quali taluno andava ripetendo: "zitti! zitti! e' non è niente." Il Righetti a cui pure fu menato un fendente di daga invano facendosi largo domandò aiuto per sollevare il trafitto; non gli badarono, intanto sopraggiunse il servo del Rossi Giovanni Pinadier, e in due lo rimisero in piedi, così sorretto salì otto scalini o nove, e quindi si abbandonò; trasportato di peso nelle stanze dei cardinale Gazzoli adagiaronlo su di un lettuccio; mandarono pel prete il reverendo parroco dei SS. Lorenzo e Damaso, e lo trovarono a pranzo(158) sicchè arrivò per assolvere il Rossi e vederlo spirare, e forse era spirato, perocchè uno che si trovò presente al caso ci racconta, avere suggerito al moribondo di profferire le parole: "Gesù mio misericordia," ma non potè dirle, e spirò. Su quel subito dopo incominciato un po' di processo tanto per non parere si lasciò cascare, fu ripreso più tardi. Gli accagionati sedici, otto contumaci tra i quali Ciceruacchio e Sterbini; dei presenti Felice Neri morì prima della condanna, degli altri Luigi Grandoni e Sante Costantini giudicati nel capo, ma il primo periva in carcere, l'altro ebbe mozza la testa; i rimanenti cinque mandati chi a vita, e chi per 20 anni in galera.
La paura, che invano presumerono mantellare di costanza romana, persuase la Camera ad aprire la seduta, comecchè non fosse in numero e a leggere il processo verbale, ma della strage del Rossi non discussione, non deliberazione; un grido solo si levò per impedire l'apertura della seduta codardamente animosa; se non chè questo altro grido (dicono si partisse dal principe di Canino) di rimando lo attutì: "è forse morto il Re di Roma?
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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