È fama che Pio IX tra il sì, e il no tenzonasse di partire o rimanere, ma che a traboccare per la risoluzione di andarsene contribuissero assai la lettera, e il dono della pisside, o meglio della teca dove un Chatorusse vescovo di Valenza gli dette ad intendere Pio VI portasse il viatico nelle sue pellegrinazioni; invero a che pro cotesto impaccio se il Papa con due parole e un po' di farina poteva farsi quanto Dio voleva? e la farina da per tutto si trova. Avendogli pertanto mandato Dio la ispirazione per mezzo del vescovo di Valenza, mentre gliela poteva spedire per via diretta deliberò la fuga: in questo passo forte lo stimolava il duca di Harcourt il quale intendeva condurlo a Civitavecchia e quindi in Francia, arnese ottimo, secondo lui, per iscompigliare la Europa pigliando a volo i diritti, o piuttosto le pretensioni dei Papi sul bene altrui. Gli oratori degli altri principi cattolici ben si accordavano coll'Harcourt intorno alla fuga ma dissentivano circa l'asilo, il Martinez della Rosa lo voleva trasportare alle Baleari, il conte Spaur a Gaeta donde con maturità di consiglio avrebbe potuto scegliere fra le Baleari e Francia, così diceva, ma insomma lo voleva commettere nelle mani del Re di Napoli e dell'Austria: ognuno di loro tira l'acqua al suo mulino. Essendo comparsa in quel torno un'aurora boreale, gli scrittori chiesastici, ne traggono argomento ad affermare che la fuga di Pio fu annunziata dai cieli; e questo potrebbe addursi in prova della pertinace impostura, o ignoranza dei preti se il temerario sillabo di Pio IX non assolvesse da ogni prova.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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