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      Il 24 di novembre l'oratore di Francia arriva al Quirinale in un carrozzone di gala preceduto dai corrieri con le torce a vento, e domandata udienza introducesi al Papa il quale tosto muta vesti pigliando quelle di un pretoccolo, e per mascherarsi meglio postosi sul naso un paio di occhiali verdi scappa per certe stanzuccie conducenti al corridore degli Svizzeri, il duca d'Harcourt rimane nella stanza di udienza dove nel disegno d'ingannare la gente continua a discorrere con voce alta e concitata; se non chè quando egli pensa ormai assicurato il fine dei mal sortiti tiri furbeschi, ecco che ti vede ricomparirsi davanti il Papa disfatto con un moccolo in mano. La porta del corridore degli Svizzeri disusata ab antiquo non aveva potuto aprirsi, chiuso allo scampo ogni via: agevole cosa immaginare la confusione di costoro, e forse imprecavano a coro un Dio avverso quando il foriere Filippani sopraggiunge ad avvertire che il Dio placato sotto forma di olio di oliva aveva fatto scorrere il chiavistello e spalancata la porta: amplessi, e baci, e passi accelerati per rimettere il tempo perduto. La contessa Spaur dopo aver messo in confronto la partenza di Pio VII da Roma con quella di Pio IX, la prima in mezzo al pianto dei fedeli Romani, massime delle donne, che picchiandosi il petto simili alle figliuole di Gerusalemme ululavano: "chi ci rapisce il Santo Padre? Chi?" La seconda alla chetichella a guisa di ladro notturno che porta in salvo la cosa furtiva, esclama: qual differenza!


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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