Se congiurasse contro la vita altrui parecchi affermano, egli nega; ma considero, che uomini i quali fanno professione delle sue dottrine non ci repugnano dove il dannato a perire meriti davvero essere offerto vittima alla pubblica Nemesi, e dal castigo di lui ne venga benefizio all'universale; nè a cosiffati uomini si domanda donde cavino il mandato, imperciocchè ti risponderanno dalla propria coscienza; e neppure li tratterranno la esecrazione o i supplizi mirando per le storie come per gesti di questa maniera tale fine aspetta se infelici; fortunati poi ogni uomo loda, e quasi india. Su di che parmi dovere ripetere un mio antico giudizio, che reputerò sinceri gli abominatori degli omicidi plebei, quando io gli udirò detestare del pari i principeschi, nè vedrò serbata la ignominia a quelli, che per istrage vanno al patibolo gli encomi agli altri i quali la medesima colpa esalta al trono: e rammenterò eziandio, come san Tommaso distingua la uccisione del tiranno, che per fraude o per forza ti si è imposto addosso da quella del tiranno eletto per suffragio del popolo; e nel primo caso l'ammette, nel secondo no; la quale sentenza a cui bene intende parrà, come di vero ella è, piena di senno, imperciocchè il violento tiranno sia accidente, che di un tratto ti colse, e di un tratto può andare via, mentre il volontario cagionato dalla corruttela del popolo per cessare ch'ei faccia non rifiorisce la libertà omai spenta: e questa è la ragione per cui ammazzato in Tebe Alessandro da Pelopida, ed in Atene i trenta tiranni da Trasibulo coteste repubbliche riebbero la libertà, mentre a Roma la strage di Giulio Cesare partorì tre tiranni, e l'ultimo tracollo della repubblica.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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