Parendo com'era sfrontata improntitudine cotesta l'Espivent con molte parole dette, e talune scritte s'industriava temperarle: non essere venuti i Francesi a contradiare il voto della maggioranza dei Romani, molto meno a imporre forma di governo detestata da loro, solo volere conservare il proprio credito in Italia; il Governatore non sarebbe remosso, liberissimo eserciterebbe il suo ufficio, e così di seguito; e perchè delle sue promesse restasse inalterato testimonio volle si stampassero e su pei cantoni appiccassero. - Il preside Manucci intanto spediva sollecito messo a Roma per avere istruzioni, e le aveva già senza chiederne nuove; le lusinghe francesi attecchivano e sì che ci voleva poco a ravvisare nel bando Espivent ch'egli mirava al futuro non al passato: il popolo aveva a consultarsi da capo co' preti suggeritori di voti, e raccoglitori i Francesi maestri a fabbricare maggioranze: certo i Francesi non praticarono più tardi tanti arzigogoli per rimettere il Papa, e andarono per la via più corta, tuttavolta anco a quel modo la frode si vedeva formicolare dentro le parole; le quali interessando alla gente poltrona che contenessero assicurazioni, che non ci erano le vollero credere bastevoli, anzi da poterne dare indietro mezze; epperò municipio, guardia nazionale, e commercio raccoltisi insieme con la consueta sapienza deliberarono contentarsi di tanto; che i Francesi la data fede tradissero non si aveva a supporre nè manco per sogno; non doversi perdere tempo ad aspettare istruzioni da Roma per paura ai Francesi scappasse la benevolenza; e poi chi sarebbe il temerario che volesse rompere la guerra contro la Francia?
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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