Quello che altrove avvertito da noi qui si rinnuova; credesi agevolmente ciò che piace, e per ordinario le spie, e gli ambasciatori referiscono quanto sanno andare a genio del governo, sicchè gli ufficiali spediti a Roma per gli accordi, e gli spioni che ci stavano di fermo accertarono l'Oudinot come la comparsa di un polso di soldati francesi sotto le mura averebbe di sicuro partorito un rivolgimento in pro del Pontefice; le ammannite difese tali da non doverci pensare nè manco; però se poco trattabili prima, adesso, che si tenevano la vittoria in pugno i Francesi gonfi da insopportabile superbia di accordi non volevano sapere: sicchè vani i consigli, e le preghiere di cittadini cospicui presso all'Oudinot; delle minacce rideva, chè lui affidavano da un lato la trapotenza della Francia, e dall'altro la debolezza di Roma, e questo pur troppo era vero, nè recava infamia; ma più si adagiava nel concetto ingiurioso dello aborrimento negl'Italiani d'incontrare combattendo la morte; si fecero ad occorrergli da capi il Pescantini, e il Rusconi, e furono trattenuti per via; allora gli scrissero una lettera nella quale, tra gli altri avvertimenti, lo ammonivano, badasse bene, il suo esercito non bastare allo assalto di Roma; il capitano di Francia reputando tutte queste manifestazioni paura s'intorava a tentare la impresa. Havvi chi crede, altresì, che il duca di Harcourt giudicando Pio IX ormai deliberato a dare di frego ad ogni istituto, che sapesse di libertà, sollecitasse l'Oudinot ad impadronirsi di Roma, la quale occupata, sarebbe riuscito meno arduo venire ad accordi con lui, o per dirla più aperta, imporgli condizioni; e le sono fandonie, perchè come i Francesi onestamente si sarebbero messi innanzi a tre potenze per compire a danno della santa sede la restaurazione, ch'eglino pure si offerivano fare con patti di gran lunga più vantaggiosi?
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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