... e più non dico, che la parola mi scorre dalle labbra, corrodente peggio dell'acqua forte. La bandiera della Libertà rimane ferma piantata in mezzo a un mucchio di speranze deluse, il vento contrario tormentandola la fa scoppiettare, e par che dica: "quando si leveranno nuove mani per farmi progredire?" Per ora la nazione ha paura, almeno così ci danno ad intendere: pochi, e poveri ardimmo concepire il disegno della unità italiana, e tentarne il compimento; adesso con ventidue milioni di uomini ci peritiamo; avventatezze i conati primi, le moderne viltà prudenza. Avventatezze Maratona, e Platea; avventatezze le guerre elvetiche, le battaglie americane avventatezze, incliti fatti le regali dimore. Ma guerra senza danaro non si fa, e noi ci troviamo al verde, oppongono i traditori d'Italia; bene sta; ma voi ci stremaste tenendo in piedi e in procinto uno esercito, che adesso a prova conosciamo ordinato non per fare bensì per reprimere la guerra, non per combattere fuori i nemici, ma dentro i liberi cittadini; i soldati appaiono canonici, gli uomini di toga guerrieri: i generali si fanno banditori di pace, i cittadini chiedono battaglia, e impongono ai gladiatori che hanno mangiato il pane a tradimento: tiratevi da parte, combatteremo per voi.... staremo a vedere quanto la durerà: per me sento, senza tema d'ingannarmi, che la ira dei popoli e di Dio matura nel suo segreto. Torniamo a Roma.
E la legione del Garibaldi quale, e come composta? Da prima la formarono alcuni uomini, nè manco una compagnia, superstiti ai combattimenti di Moranzone e di Luino, vi si aggiunsero poi i bersaglieri mantovani i quali licenziati a Torino nell'ottobre, vennero a Pontremoli nel novembre del 1848 dove ebbero dal ministero democratico toscano armi, vesti, ed anco un po' di danaro; sul finire del mese raggiunsero il Garibaldi a Ravenna, nella quale città egli menava vita stentata; allora crebbero fino a 700; altri soldati racimolarono in più parti, massime a Ferrara, Mambrini capitano, e Ferrari tenente; difettavano di armi, di vesti, di tutto, ed in questi arnesi furono spediti a vigilare i confini verso Napoli; alla metà di aprile in Anagni ottennero armi, vesti poche, causa di contesa fra loro.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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