I Francesi mossero da Civitavecchia a Roma la mattina del 28 aprile: erano 6000 e più provveduti di tutto; la sera giunsero a Palo e vi si fermarono; il 29 accamparono a Castello Guido 18 chilometri più in su verso Roma; di qui il Generale spediva innanzi a speculare il fratel suo capitano Oudinot, che ritornò referendo guasti i ponti, sfondate le strade, però difficile non impossibile procedere innanzi; avere incontrato non so quale pattuglia romana che seco lui ricambiò parole, ma sul punto di tornarsene gli aveva fatto fuoco addosso, onde due cavalli erano rimasti morti, e prigione un cacciatore impigliato nelle redini del cavallo caduto. - Così il giornale delle operazioni dell'artiglieria dettato dal Generale Vaillant; altri poi addirittura afferma, che i Romani al primo apparire dei Francesi avevano spulezzato a scavezzacollo; lasciando a chi leggeva la cura di accozzare insieme la fuga dei fanti romani con la prigionia di un cavaliere francese.
Ma la faccenda si crede altrimenti. Il rapporto ufficiale consegnato al ministro della guerra romano racconta come i nostri al comparire dei Francesi gl'intimassero lo stare; l'Oudinot negò; interrogando con quale argomento lo impedirebbero essi risposergli: con la forza; di qui mano alle armi, e i Francesi fuggirono, non già i nostri.
Il Generale Garibaldi nelle memorie inedite, di cui per somma cortesia volle farmi copia, a questo modo discorre intorno a siffatto particolare: "al far del giorno io aveva davanti a me un soldato francese di cavalleria inginocchiato chiedendomi la vita.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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