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      I Francesi giunti al bivio della strada di Civitavecchia distante 1500 metri da Roma non si bipartirono, ma conforme loro persuade la consueta superbia tirano innanzi di conserva per la via che mena a porta Cavalleggieri. Di tratto in tratto incontravano scritto sui muri, ovvero sopra cartelli pendenti da pertiche l'articolo quinto della loro costituzione, e i Francesi leggevano e ridevano, usi a tenere le costituzioni in pregio di fazzoletti da naso, e peggio. Anco il giornale del Generale Vaillant ricorda queste iscrizioni; erano della libertà che trucidavano, ma il soldato non volle vederci altro, che sceda, e ne tolse argomento a inviperirsi, chè il disposto a male fa di ogni erba fascio per attutire il grido della coscienza. Il Masi pistoiese gentile intelletto, caro alle Muse, e sacro affatto agli studi letterari di subito diventa non pur soldato, ma capitano, intrepido quanto arguto; da ciò piglino esempio quei soldati a cui par bello ostentare barbarie quasi ornamento della milizia: il soldato italiano è bene, che sappia come i supremi capitani antichi ponessero il brando a segno del volume, che leggevano meditando, anco in campo; Bruto vigilava la notte precedente alla battaglia di Filippi su i libri di Platone, e Cesare nel tumulto di Alessandria null'altro ebbe a cuore eccetto salvare i suoi commentari i quali tenne levati sopra l'acqua con la mano sinistra, mentre notava con la destra; e degli altri mi taccio. Dei moderni soldati italiani basti dirne questo, ch'essi (parlo di quelli che militarono per la repubblica e per lo impero) decorarono la Paria delle migliori versioni delle opere greche: negli zaini loro portavano pane, e libri, quello pel corpo, gli altra per l'anima.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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