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      Genova può incidere con orgoglio il suo nome a canto a quello del suo poeta, e guerriero Mameli: egli esalò la sua grande anima per diciannove ferite!" Caddero pure per non rilevarsi più i tenenti Righi, e Zamboni; feriti rimasero il giovane Statella figliuolo del generale napolitano, il maggior Morrocchetti, e i tenenti Dall'oro, Tressoldi, e Rota. Di questi altro non seppi, che virtuosi furono e degni figli d'Italia; più lunga storia narrerò del Ghiglione genovese: ogni ricordo è sacro; balusante negli occhi, o come oggi si direbbe miope si cacciava imperturbato davanti a tutti, però che, egli diceva, avesse bisogno di vedere il nemico da vicino, ma ciò non gli bastava, onde sovente si recava la lente all'occhio per mirare dove avesse a trarre, poi quinci rimossala, sparava, e sparato a pena col suo occhialetto sul naso speculava se avesse imberciato giusto; mentre così si travaglia, stando con la gamba sinistra sporta innanzi, ecco una palla francese ferirlo nei glutei, e cadde; lo soccorse tosto Pietro Ripari chirurgo, uomo di cui la Italia avverebbe mestiero crescesse il seme mentre pur troppo a mano a mano se ne perde la razza. Ora egli possedeva un cavallo vecchio, e magro, tuttavia inglese schietto già appartenuto al Duca di Torlonia di cui la storia come stranissima merita essere raccontata. "Così concio il giovane Ghiglione diceva al Ripari, mi toccherà starmene a letto per mesi, però tu piglia il mio baiardo e servitene." Con questo cavallo il Ripari andò a Palestrina, tornato a Roma lo lasciava infermo in mano al manescalco perchè lo guarisse, senonchè gitosene a Velletri una sera lo incontra alla fontana dove lo avevano condotto ad abbeverarlo; di che egli stizzito mentre cerca chi fosse colui il quale a quel modo alla spiccia tornava in uso la pristina comunione delle cose trova essere stato il Mameli; glielo lasciava il Ripari e fu sventura, perchè il Mameli incavallato sopra cotesto altissimo animale potè facilmente essere tolto di mira, e vi ebbe la ferita ond'ei miseramente perì. -


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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