Il voto dell'Assemblea sonò ordine al ministro di fare in modo, che la spedizione a Roma non deviasse dal suo scopo; il quale a fin di conto era rinnovare ai Romani un governo, che di già essi avevano deliberato ed accettato; la quale presunzione che altro mai significa se non tirannide? Di vero, il presidente Bonaparte, ed i suoi ministri in tanto bandivano volere sostenere con le armi il nuovo plebiscito del popolo romano, quanto che confidavano che al solo mostrarsi i Francesi sotto le mura di Roma, il popolo vero, onesto, e buono, alla santa sede devotissimo avrebbe buttato nel Tevere i pochi nemici dell'ordine, chiedendo smanioso di essere ricondotto all'estasi del bacio dei pontifici piedi. Se il popolo vuole la restaurazione del papa tutelino le baionette francesi questo libero voto, dove così non voglia le baionette voteranno per lui. - Io narro proprio per passare il tempo, dacchè mi accorgo che gli esempi antichi non valsero mai a mettere la gente in cervello: i nostri confidando nella equità dei Francesi accettano la tregua come indizio di più durevole accordo; i Francesi poi nel proporla intesero acquistare tempo per mandare rinforzi, forse per assopire gli spiriti nostri, e più verosimilmente per attendere lo esito delle nuove elezioni all'Assemblea, che non si volevano sturbare sommovendo novità: a questo intento spedivano a Roma il Lesseps per dare erba trastulla, e condurre il cane per l'aia; ed egli gli servì maravigliosamente perchè agguindolato lui stesso: anzi scrittori, non mica scarmigliati, bensì mezzo liberali ravviati, e per bene non biasimano già il Governo della frode ma sì il Lesseps che se uomo svelto fosse stato doveva pure accorgersi, che la sua missione era un tranello.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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