Per questa guisa l'astuto condottiero illudeva il nemico il quale stimò dai rapporti delle sue spie, che pigliando egli per la via Flaminia andasse ad assaltare i Francesi a Palo onde di un tratto si scopriva di subito minaccioso sul fianco destro di lui accampato intorno a Velletri; e per ultimo marciando di notte confortato dalla ombra, e dalla frescura aveva potuto camminare per bene ventiquattro miglia in nove ore.
Ed è questo successo notabile imperciocchè la prima qualità che si ricerca nelle fanterie consista nella gamba, onde Omero ricorda Achille ordinariamente col titolo di piè veloce; e mettendo dal lato Omero gli scrittori tutti di cose militari in questo consentono: i soldati austriaci vanno lenti ed è bazza quando, camminando grossi, percorrano un miglio l'ora; i Francesi condotti da Napoleone compirono marcie, che emularono quelle di Cesare, e di Alessandro. Taluno opina, che i soldati due miglia l'ora possano farle, un uomo giovane ne fa tre nel medesimo spazio di tempo, ma non per durare: comunemente però i grossi battaglioni muniti di artiglierie poco più di un miglio l'ora vediamo, che camminano; Garibaldi ed i suoi quasi tre ne trascorsero, e parrebbe miracolo, se non costumassero sempre così; dacchè appunto nei moti incredibilmente celeri stia riposta la precipua arte di guerra del Garibaldi, e quantunque egli abbia detrattori in copia tuttavia si conosce come per diverse vie adoperi la medesima tattica di Napoleone in terra, e del Nelson sul mare, voglio dire raccogliere in un punto la maggiore quantità di forze possibile per rompere la linea nemica; i primi ottenevano lo intento con lo avvolgersi accorto delle milizie e delle navi, il secondo col piombare giù inopinato con mosse celerissime, e per sentieri reputati inaccessibili.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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