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      Verso le quattro del pomeriggio un mille di nemici raendo seco due cannoncini da sei presero a bersagliare i nostri, e i nostri salutarono con acclamazion festose lo strepito delle prime palle come se incominciasse la danza desiderata; cessate le grida risposero con fuochi spessi e terribili, ma alla scoperta, e alla scoperta il giovanetto capitano agitava la spada, bersaglio ai colpi nemici, e per venura non tocco mai. Durava un'ora la mischia quando ai nostri vennero meno le munizioni sicchè si udiva i soldati garosi domandare l'uno all'altro: "deh! per amor di Dio, prestami una cartuccia delle tue, ch'io le ho finite." Allora il buon Ripari, anima grande senza ch'egli se ne sia accorto mai, trasse davanti al giovanetto capitano dicendo: "vuoi tu ch'io vada per le munizioni?" E quegli: "magari!" Il buon Ripari andava non pigliandosi cura delle palle, che lo precedevano, e lo seguivano in cerca di munizioni fino al luogo dove la strada che
      sale a Palestrina s'inselva; dopo cinquanta circa passi s'imbatteva in soldati conduttori dei multi con le munizioni, i quali sbigottiti dal rumore della battaglia si peritavano a sbucare fuori del bosco; adoperandoci acerbe parole, ed atti violenti li costrinse a correre, poi compreso del pericolo in cui si versavano i nostri, scorse oltre verso la città per affrettare lo aiuto: "poco lungi dalle mura, egli racconta, mi occorse il Manara a cavallo sotto l'arco della Porta; le late membra e pure leggiadre, la guerresca sembianza e l'atto fiero mi empirono di maraviglia, sicchè il pensiero mi trasportò ad Ettore su la soglia della porta Scea in procinto di combattere per la Patria.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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