Il nemico a rendere più infame la infamissima fuga si volta ad un tratto su la via di Roma e scarica i suoi moschetti addosso ai nostri; la mano dello schiavo tremante non aggiusta i colpi, nessuno rimase ferito: e' fu il saluto della viltà!
Questo insomma il combattimento di Palestrina, il quale partorì vantaggi, che in parte andarono perduti a cagione del sollecito richiamo del Garibaldi a Roma, durarono però la baldanza nei nostri di vincere quante volte fossero stati messi di fronte ai Napoletani, e la facilità di cavare fodero dalle provincie meridionali. Deplorammo diece morti, tra i quali anco il tenente Mengarelli, feriti venti e più; dei nemici rimasero spenti cinquanta, altrettanti e più feriti; fra i morti parecchi ufficiali stranieri, e tra i feriti altresì; ferite, e morti ignobili però che coloro i quali vendono l'anima e il sangue a prezzo altro meritino che precipitare per via di sangue nel sepolcro illacrimato: molti i prigionieri coperti di amuleti, abitini ed altre siffatte idolatrie abolite da Cristo e ritornate in fiore dai preti come merce fruttuosa su tutte per la religione bottegaia; nondimanco costoro maledicevano Dio, i Santi e il Papa.
Non si narrano le esultanze, ed i falò dei Romani per la vittoria di Palestrina; questo solo si nota, che i feriti udendo eccheggiare l'aria del grido: Viva la Repubblica, sporgevano il capo e le mani fuori delle carrette sclamando anch'essi "oh! viva, viva."
Incerto il numero della gente che mosse da Roma alla impresa di Velletri, chi dice 8,000, e chi 10,600, certi corpi, e li comandava il colonnello Morrocchetti, ed Haug erano preposti all'avanguardia, il Garibaldi alla battaglia, alle dietro guardie ed alla riserva il Galletti.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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