Dentro un tovagliolo allora gli portarono tre panini, quattro once di salsamento, e forse altrettante di cacio cavallo; non mancava il vino, forse un bicchiere e nemmeno: i convitati otto, col Garibaldi nove. Taluno disse al Generale:
mangi tutto lei, almanco uno di noi si caverà la fame." Egli al contrario: "no abbiamo a mangiare tutti, capisco che non ci è pericolo di morire per ripienezza." Mentre egli recatosi in mano un panino faceva atto di spezzarlo ecco un lanciere sopraggiungere da Velletri a briglia abbattuta, e domandare da lontano: "dov'è il Generale?" Qui, fugli risposto, ed egli tostochè lo vide: "Generale dalla città sboccano in massa cavalleria e fanteria." Il Garibaldi, che teneva fra le dita un pezzo di pane lo depose per bene nel tovagliolo, si levò, e fregatasi due o tre volte col palmo della destra la fronte si abbassava la falda del cappello su gli occhi, poi con voce forte e pacata ordinò al lanciere: "Tornate addietro, e date ordine che tutti i corpi avanzati si ripieghino in ritirata." Il lanciere volte le groppe del cavallo, tocca di sproni, e via; dopo ciò il Garibaldi accenna della mano al dottore Ripari e gli dice: "tu fa voltare le mule ed i cannoni, e torna indietro a piccolo passo." Il buon Ripari che di queste cose m'informa, ingenuamente aggiunge: "voi capite, che anco al medico col Garibaldi tocca a fare un po' di tutto." Gli ufficiali di stato maggiore furono lanciati in questa parte ed in quella a portare ordini, il dottore se ne torna bel bello in giù a capo di quattro cannoni, e di quaranta mule cariche di munizioni rasentando l'argine a manca per lasciare libera per quanto più poteva la strada, il Generale anch'egli seguitava lento a cavallo dietro l'ultimo cannone.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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