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      Il Garibaldi rimontato a cavallo ordina a talune milizie disposte per le frastagliature dei colli latini avanzino celeri e chiudano la strada, alle altre poi comanda non si movano, rimangano ai lati del nemico, il quale improvvido delle insidie era trascorso oltre, lo fulminino nei fianchi, e così fecero, sicchè le palle percotevano sopra masse dense e compatte, però quanti colpi tante morti e forse più morti, che colpi; cascavano giù come frutti colti dalla grandine; miserabile il luogo, impossibile vincere; da prima venne meno la baldanza, poi subentrò la voglia di ritirarsi, all'ultimo cadde su l'anima di costoro la paura, e a rifascio per cotesta via incassata i cavalli tempestando stornarono, le colonne della fanterie susseguenti rovesciano, pestano, e passano; anco i non percossi disposti sopra i rialzi laterali della via sono travolti nella fuga.
      Il re Ferdinando era presente alla battaglia, e la stava mirando, col cannocchiale da una finestra del palazzo Angelotti; visto il caso non volle saperne altro; ordinato pertanto ai suoi soldati il celere ritirarsi, nei passi retrogradi, li precedeva: il suo posto era dietro quando essi camminavano avanti; avanti quando camminavano indietro.
      Nella fuga ruinosa lasciarono cavalli, ed uomini feriti, armi sparse, zaini, e vesti; tanta carta avevano addosso costoro, che sparsa a terra parve ci fosse nevicato. Al Masina, cercando, venne fatto rinvenire il Colonnello napoletano morto da lui, scese da cavallo, e gli tolse la tracolla orrevole di dorature, della quale come di spoglia opima meritamente si decorò.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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