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      - Sì, sì, replica il Rosselli, bisogna fare a quel mo' e lo faremo." - "E sia Generale, replica il Garibaldi, "ma avvertite, che i miei uomini stanno al fuoco dalle 8 di stamattina fino ad ora, bisogna rilevarli." - "Avete ragione, così faremo;" conchiuse il Rosselli.
      Presenti fra gli altri a cotesto colloquio il colonnello dei Dragoni Marchetti, e il colonnello di stato maggiore Daverio, il quale disse al primo: "Marchetti, quanti cavalli hai teco?" - "Adesso quaranta o cinquanta, l'altro rispose." - "Ebbene soggiunse il Daverio, va tu innanzi per campi di traverso con quanta gente più puoi, e acquattata dove ti paia più destro: io mi ti lego per fede di sovvenirti fra breve." Il Marchetti andava, il Torre dice con 120 uomini (forse questi più gli si saranno aggiuti per via) e si pose in agguato nella selva che spessissima fiancheggia la via consolare fra Velletri e Cisterna.
      Però nonstante la buona volontà dimostrata dal generale Rosselli tanto egli che il suo colonnello di stato maggiore Pisacane non procedevano di buone gambe in cotesta impresa però che eglino le mosse del nemico non giudicassero fuga, all'opposto maneggi per circuirli, e mettersi in parte da presentare battaglia con profitto il prossimo giorno. Mirabile il giudizio subitaneo del Garibaldi quanto il concitato comando: entrambi quasi sempre infallibili: le prove di ciò replicate e continue: onde quanti con esso lui militarono in America gli avevano cieca fede; non così gli altri un po' perchè lo conoscevano meno, un po' per saccenteria di regole e un po' per astio, le quali cose tutte, comecchè in particole pure si appigliano anco allo spirito dei migliori.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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