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      Di rado i Borboni di Napoli mostraronsi prodi come sovente feroci, chè ferocia e viltà paiono più presto sorelle che cugine, e Velletri se con Ferdinando vide una fuga vergognosa, lei fecero illustre i medesimi napoletani condotti da Carlo III quando colà percotendo gli austriaci salvarono le terre del regno dalle offese di cotesti barbari. Ferdinando fino al Dumo di Gaeta sostenne la parte di cui turpemente fugge; nel Duomo assunse quella di vincitore, e in rendimento di grazia per la ottenuta vittoria cantava il Tedeum; cosa da fare ridere i celicoli, se lassù in cielo queste nostre miserie toccassero; intanto i diari del governo annunziavano le milizie regie congiunte alle francesi combattere aspre battaglie; vinta Roma; con maschio valore averne i Napoletani espugnato due porte; nè diversamente era da aspettarsi da uomini, quali avevano promosso santo Ignazio da Loiola, stipite dei Gesuiti, al grado di perpetuo maresciallo di campo del re di Napoli!
      Chi poi non si sapeva consolare di cotesta vittoria era il Masina; sbuffava, e tempestava urlando, che a quel modo non si espugnano terre; se gli fosse riuscito avrebbe preso pel collo il re di Napoli e costrettolo a rientrare in Velletri, perchè se da re non aveva saputo difenderlo lo difendesse da uomo; ma intanto che col re non si poteva sfogare non dava pace ai compagni, e gli destava a calci, pur sempre sclamando: "e ora bella forza prendere Velletri! Sono stato in città e non vi è più nè manco l'odore di Napoletanni."
      Adesso nelle mie note trovo scritto un caso che parmi ottimo a riferire; forse taluno osserverà, com'ei non si addica al sussiego della storia e di ciò non curo, però che io reputi degno della storia tutto quanto ammaestra la vita: Garibaldi a Velletri pose stanza nel medesimo palazzo dove albergò il re Ferdinando; colà adagiato sul letto mandò pel medico perchè gli visitasse l'affranta persona, e vedesse un po' se vi era verso di farlo soffrire meno: il medico venne, e gli ordinò il salasso, ma ei non ne volle sapere; allora un bagno, e a questo aderì: mentre per tanto ei se ne stava immerso nell'acqua fu udito dalla contigua stanza dare in iscoppio di riso, onde il trombetta Colonna che lo serviva da cameriere entrato nella stanza gli domandò: "che ci è da ridere Generale?


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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