Dei nostri scrittori chi afferma che i Francesi non adoperassero cannoni in cotesta giornata, chi sì e dice due, e nomina l'ufficiale che li pose in batteria, ed indica il luogo; dalla parte di Roma si adoperarono certo, e la eccellenza degli artiglieri nostri se non potè fare fortunato cotesto giorno certo lo rese meno deplorabile assai. Imprevidenza assai ripresa dai pratici dell'arte fu, come si disse, quella di non abbattere i muri di cinta delle ville, però che non le volendo distruggere, nè le volendo, come si doveva, munire, era mestieri renderne agevole l'assalto caso mai prese dal nemico si avesse quinci nella prima puntaglia a sloggiare. Più degli assalti, micidiali le ritirate, dacchè nei primi i nostri sboccati appena dai cancelli si sperperassero per la villa, mentre nelle seconde si stipassero all'uscita, onde un colpo solo uccideva talvolta parecchi; cadevano boccone con le mani innanzi abbrancando la terra; da prima fu creduto che o per soverchia fretta, ovvero per impedimenti paratisi loro fra i piedi stramazzassero, ma il gemere profondo, lo storcersi angoscioso, e la rigida immobilità sorvegnente assai chiaro chiarivano non si sarebbero rilevati più mai.
Il numero soperchiante dei Francesi, l'arte con la quale essi combattevano, e le armi elette avrebbero in quel giorno nefasto fatto correre fiume del nostro sangue se il trarre mirabile delle artiglierie del Calandrelli non gli avesse sfolgorati irrequieto e mortale.
Alla legione, che in compagnia degli altri combattenti sostenne prima gli assalti sottentravano i Lombardi del Manara.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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