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      Dopo breve intervallo i soldati nostri ripresero animo irruppero a corpo perduto contro i Francesi: allora due pietosi si fecero a mettere in salvo il Dandolo e il Morosini; questi come a fortuna piacque illeso, l'altro ahimč! boccheggiante nella morte. Dopo breve egli periva bello, elegante di forme, di costumi santissimi; non contava ancora ventidue anni. Percuote la mente di pietą la trepidazione del fratello dello spento capitano Emilio Dandolo, il quale fermo sotto l'arme non poteva sovvenire, nč andare in traccia del diletto capo; ne domandava ai feriti i quali gli passavano vicino, e il Mancini gli disse: "tuo fratello...." e pił non potč dire; pił aperto ma sempre dolorosamente incerto un Bersagliere; "or'ora cadde per ferita mortale." Il dabbene giovane trafitta l'anima senza potere porgere aita al pericolante, senza potergli dare l'ultimo bacio, e chiudergli gli occhi con passi concitati camminava su e gił di fronte alla compagnia vinto da ira, da pietą, e da dolore, mordendo la canna di una pistola per impedire le lacrime che traboccassero. Mentre durava il giovane in cotesta agonia, ecco sopraggiungergli addosso il Garibaldi e dirgli: "andate con 20 dei pił valorosi dei vostri a pigliare con la baionetta la villa Corsini." Al Dandolo parve sognare; arduo conoscere la cagione dello spietato comando; forse, nonostante la calma olimpica che ostentava il Garibaldi, anche a lui la febbre avvampava il sangue, o forse conoscendo come da tutte coteste morti non potesse uscirne altro bene eccetto quello di mostrare al mondo la virtł nostra disegnasse fargli toccare con mano, che molti anco adesso la Italia novera dentro a se Leonidi alle Termopili, e Fabi a Cremera.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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