Testimoniano alcuni storici come ora dai supremi capitani si concepisse il disegno d'ingaggiare una battaglia campale assaltando la sinistra dei Francesi, e prese le opere loro a rovescio, spingerli nel Tevere; ma a ciò io non credo; forse taluno lo desiderò e lo disse, ma dal detto al fatto ci ha gran tratto, nè con tanta disparità di forze poteva avventurarsi anco dagli audacissimi; all'opposto fu tentata una sortita notturna: notte tempo a lume di torce assembraronsi 7500 uomini; 1500 rimasero col generale Avezzana fuori della porta San Pancrazio; agli altri 6000 si pose a capo Garibaldi, e li menò alla campagna uscendo dalla porta dei Cavalleggieri; suo scopo dar dentro la sinistra dei Francesi: consigliato a moltiplicare gli assalti nega, e non fa bene; la colonna lunga disadatta a pigliare parte con molta forza al combattimento; se respinta di fronte si rovescia sopra i sorvegnenti con non riparabile scompiglio. L'ordine della marcia questo, la legione polacca all'antiguardo; 200 uomini o poco più; subito dopo tre coorti della legione italiana; alla dietroguardia due battaglioni di bersaglieri lombardi; quattro battaglioni del Rosselli, e i lancieri del Garibaldi alla riscossa. Il Garibaldi non volle moversi prima che sorgesse la luna, che fu verso le dieci, e ciò per impedire confusione, lasciando perduto per questa via il vantaggio di cascare addosso ai Francesi; ed al medesimo intento ordinò eziandio i soldati alle vesti soprammettessero la camicia, gli uffiziali intorno al braccio legassersi un panno bianco; pratica di guerra antica, che chiamasi incamiciata, ed è fama la inventasse Alfonso Davalos il vecchio marchese di Pescara; i pratici di guerra la giudicano in varie maniere: anco quì il fine loda l'opera.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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