Quaranta furono dei nostri morti o feriti. Il Garibaldi corrucciatosi per cotesta sconsigliata fazione, se la prese coll'Amedei, e a torto; lo mandò in castello e pretendeva sottoporlo a giudizio militare; se ne astenne meglio consigliato, ma da quel dì in poi fra il corpo del Genio, e lo stato maggiore del Garibaldi non corse più buon sangue, massime ch'egli surrogava al colonnello Amedei il maggiore Romiti; da ciò ne avvenne che si disfacessero i trinceramenti alle gole dei Bastioni, preparando in questa guisa facile l'accesso al nemico, e a noi togliendo l'abilità di difendere le breccie; la casa Savorelli non si volle atterrare, nè fabbricarci il ridotto come avevano divisato gli ufficiali del Genio, capace se non a preservare dalla caduta Roma, almeno a ritardarla.
In questa giunsero parlamentari(165) dal campo nemico, e si dovevano respingere, perchè le sono spie, e gli armistizi si chiedono dal nemico perchè ha bisogno di tempo per nocerti meglio; portavano lettere pel Generale dello esercito, per quello della Guardia nazionale, pel presidente della Assemblea, pei Triumviri, proclami pel popolo, e come se tutto questo fosse poco, inviti al Cernuschi, e al Lombard di recarsi al campo: sonavano tutte le carte lo stesso sermone; essere venuti a sostenere la libertà del Papa, e poi a sostenere quella del popolo, li lasciassero entrare e si troverebbero contenti: caso mai resistessero, guai! con sette Batterie allora allora messe in punto gli fulminerebbe." Risposero per le rime: non si accettano le prepotenze, si sopportano dopo gli estremi sforzi per repulsarle: degne le parole di tutti, degnissime queste del Generale Rosselli: "considerando che vi è uno stato di vita per gli uomini peggiore, che morte, se la guerra, che ci fate arrivasse a porci in questo stato, meglio sarà chiudere per sempre gli occhi alla luce, che vedere le interminabili oppressioni, e miseria della nostra Patria.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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