Si stringe la cintura di ferro, e di fuoco intorno a Roma, il nemico indefesso durante la notte scava pozzi per le mine, edifica, e munisce piazze di armi, drizzata una trincea compie la quarta parallela, poi imprende un cammino il quale passando rasente alla casa Giacometti avrebbe messo capo sopra la via, che mena a San Pancrazio; dalla parte nostra si agitavano come naufrago in mezzo all'Oceano, che non vuole e deve morire, tuttavia impediscono la costruzione delle Batterie dodicesima, e decimaterza; e alla mattina del 26 scassinano anco la undicesima, sicchè i Francesi non poterono avvantaggiarsi che con le Batterie seconda, e decima, la quale più di ogni altra prese a fulminare il Vascello, nè senza ragione, che quinci si menava incredibile strage dei Francesi; il nostro Medici il quale non pure si difendeva, ma andava escogitando senza requie un qualche trovato per fare uno sdrucio dei solenni nello esercito avversario esplorò le catacombe, e l'acquedotto Paolo donde avvisava spingersi fin sotto la villa Corsina, e colà con mine, e fuochi artificiati sobbissare il ridotto in uno alla Batteria decima; ora o di tanto si accorgessero, o come credo piuttosto, i Francesi avvertiti diedero la via alle acque, che irrompendo ruinarono ogni apparecchio soffocando tre lavoranti, e se più ce n'era più ce ne rimanevano. Da capo la rabbia francese si volta contro al Vascello; stupendo ad un punto e orribile a vedersi lo stato in cui si trovava ridotto; del piano superiore non avanza traccia, dello inferiore il muro di fronte ruinato lasciava vedere negli spazi più interni le colonne, le statue, le stanze elegantissime; insomma presentava la figura, che gli Architetti chiamano spaccato.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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