Veruno rise, all'opposto, piansero sommesso per non rattristrarlo; visse un tempo in Roma segno di compassione universale ma sterile; un pietoso lo tolse seco per cibarlo del suo pane, e dissetarlo al suo bicchiere; non italiano però, molto meno francese, egli era russo!
Ed anco per queste carte io non ometterò di notare come la legione Medici tenesse inalberata nel Vascello la bandiera, che prima drappellava nella Svizzera, e poi trasse al grato ospizio di Firenze nel 1848; noi la ospitammo con volenteroso animo consapevoli che la sacra bandiera aveva salutato diciassette anni prima la impresa di Rimini; di ampiezza angusta mostrava la scritta: "Dio e Popolo." adesso forse se ne sta nascosta per ricomparire fuori nel giorno destinato; l'alba del giorno di Dio e del Popolo si fa attendere lungo; consoliamoci del suo tardo nascere con la coscienza, che cotesto giorno non avrà più tramonto.
Chiudo la narrazione della battaglia del ventinove Giugno rammentando il caporale Perocco del quale non poterono impadronirsi i Francesi se prima non lo ebbero sternato con ben ventitrè colpi di baionetta; trasferito all'ospedale per singolare ventura, sopravvisse ma di bellissimo rimase cincischiato e storpio; Scacciani, Spianavelli ed altri moltissimi perirono, ma prima si cacciarono sotto i nemici adagiandoci il capo come sopra un guanciale di riposo; un fanciulletto tamburo, visti morti gli uomini della compagnia buttato da parte il tamburino raccolse gli schioppi, e quelli sparò contro i nemici, finchè percosso in fronte anch'egli li seguitava nella morte.
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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno 1864
pagine 838 |
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