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      Di questa verità udii sovente porgere testimonianza allo stesso Puccini, il quale con quel suo vispo linguaggio soleva dire, che i fatti erano maschi, e le parole femmine. Intitolando a lui il mio Libro, io volli pertanto rendere omaggio al savio cultore della carità verso il prossimo, ed allo amatore della Patria zelantissimo; onde fra le amarezze, di cui non è penuria nel turpe carcere, acerba mi percosse quella di non potere, come avrei voluto, dettare del morto amico sincerissima qual Ei non temeva, e quale a me non sarebbe riuscito concepire diversa, la Orazione funeraria. Ma poichè farlo liberamente mi era conteso, mi parve degno tacere; e così, ne vado persuaso, sembrerà anche allo spirito di Lui, se pure lo toccano le miserie alle quali noi siamo, infelicissimi, rimasti.
      E tanto più duolmene, in quanto che a veruno poteva per avventura riuscire quanto a me di palesare al mondo il cuore ch'Egli ebbe, e certo poi a nessuno più che a me ne correva obbligo religiosissimo. Talora vagando insieme con Lui pei silenzi della notte nelle sue sale solitarie, a parte a parte mi apriva gli affanni che contristarono la sua infanzia, e le angoscie pungenti che gli derivarono dalla infermità miserabile di cui pure la Natura non lo aveva percosso.... e spettacolo veramente portentoso era e lacrimevole a un punto contemplare come tanta copia di amaritudine non fosse bastata a corrompere le acque dolcissime della sua esistenza, nè il rigido alito della tristezza a spegnere la sua fede; – le lotte, le cadute, il rilevarsi più gagliardo, e il proponimento osservato fino al termine della vita di adottare per figliuolo il Popolo intero, dacchè le gioie di marito e di padre Ei si vietava; contemplare insomma quello affannarsi indefesso a mescere intera la sua grande anima nell'anima del Popolo, onde ei se ne avvantaggiasse.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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