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      – Parlate, Rogiero: io vi giuro sopra la fede del sangue di Svevia, per quanto sta in me, di farvi andare contento."
      Spirito del male, oh! come tentano feroci le tue lusinghe su la terra!...
      Che mormorate, Rogiero? Forse vi riesco importuna? Sprezzate le mie promesse? V'infastidisce la mia voce? Ah! vogliate perdonarmi, e attribuirlo al forte amore e soverchio, che porto per.... tutti gl'infelici.
      Così parlava Yole, e queste ultime parole le uscivano appena distinte dalle labbra: mesta, abbattuta, già moveva il piede per abbandonare quel luogo, allorchè Rogiero, come uomo al quale il destino abbia rapito il senno, le andò incontro, e senza nessuno rispetto afferratala violentemente pel braccio, la trasse fuori dell'arco al raggio della luna; quivi, gettando per terra la celata, si scoperse la fronte, appose sopra quella per forza la mano di Yole; e poichè alquanto ve l'ebbe tenuta ferma, in tronche parole le disse: "Che parvi, Yole, della fronte mia?"
      Che tutti i Santi del Paradiso vi guardino!
      rispose esitando la figlia di Manfredi; "ella è fredda come il marmo di un sepolcro."
      Deve esserlo. – Odimi, divina fanciulla, odi la parola di tale che saprà punirsi di avere parlato. – Io spesso nel fervore delle mie preghiere, nella rabbia delle mie maladizioni, ho sollevato un voto, inesaudito fin qui. Dammi, gridai, nè sapeva a cui, dammi un momento di gioia, e poi lascerò la vita. – Ora, sia ventura, sia destino, questo momento è venuto; questo momento è passato; nè in me dura costanza da aspettarlo lungamente, e forse indarno, nel supplizio della vita.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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