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      Chiamasi pietà questa di ragunare tutte le procelle dell'inverno per atterrare un fioretto, testè apparso sul prato15? Tua è questa carne, – quest'anima, tua: ma creasti tu forse per godere l'atroce diritto di distruggere? – Toglitela se ti piace, ma deh! non provarla con tanto dura battaglia... Elena! sciagurata Regina! tu hai ardito mormorare dell'Eterno... – Io? – Signore, le mie pene sono ben grandi... perdonatemi. L'angoscia accieca la mente: perdonate ad una madre, che lietamente darebbe in questo punto la vita, anzichè piangere sul sepolcro dei proprii figliuoli.
      In questo Gismonda a mani curve, a guisa di tazza, giungeva dalla fontana; ma la fretta fece sì, che appena poche stille di acqua vi si conservassero: queste nondimeno, spruzzate sul volto di Yole, ebbero virtù di ritornarla alla vita. Apriva la vergine languidamente gli sguardi, e tratto un gemito domandò: "Dove sono?"
      Nel grembo di tua madre.
      Oh! non ne fossi mai uscita.
      Che? Respingi il grembo che ti ha portato... il seno che ti diè il latte? Santa Maria! anche a questo era riserbata la Regina Elena?... Ah! le mie ambasce si fanno maggiori della mia pazienza.
      – Così dicendo lasciava di sostenere la figlia, e, lacrimando disperatamente, cadeva.
      Gismonda!
      disse allora Yole a questa damigella, che sola era rimasta a sorreggerla, "perchè mi ha lasciato mia madre? Le sono forse divenute troppo gravoso incarico le membra di sua figlia? Ah! io incresco a tutti, e a me stessa.... – Chi è che piange? Gismonda, dimmi, chi piange?


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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