Al punto stesso vedremo le nazioni di proporzionata forza, tra loro da nessuna altra legge costrette, tranne la giustizia di Dio, la quale o non temono, o irridono, muoversi intere l'una alla rovina dell'altra; la debole innocente additarsi ai posteri con nomi di scherno, le virtù sue convertirsi in argomento di vituperio, che la calunnia, compiacendo all'oro dei potenti, o per naturale propensione al male, vomiterà dalle sue mille bocche di rettile; l'avventurosa colpevole strascinare il mondo a fare omaggio al suo splendido delitto, e l'uomo, o nato o piuttosto educato per essere iniquo o stolto, nulla curando il sangue fraterno che gli bagna le piante, nulla le ossa insepolte, nulla il grido delle vittime che prorompe dai sepolcri invendicati, applaudirla nella ebbrezza del cuore con le stesse voci che innalza alla Divinità; onde la mente del lettore sarà percossa da quella sentenza, che sembra assurda, e suona pur troppo orribilmente vera: lo stesso delitto che manda l'uomo al patibolo, rendere illustri le nazioni nella memoria dei posteri. Vedremo nel girare dei tempi quanto si prolunghi perenne la sventura tra noi, e la gioia fugga veloce, e quindi ricaveremo un'altra dura sentenza: essere il male nostro proprio retaggio, e stoltamente affidarsi colui, che ogni speranza di contento ripone in altro luogo che in cielo. Si vedrà dal seno della tirannide nascere la licenza, e dal seno della licenza nascere la tirannide; e i popoli del continuo travagliarsi in traccia di una libertà, che conseguita non hanno saputo poi mantenere, come quella che richiede l'esercizio di tali virtù che essi non conobbero mai, o se pure praticarono una volta, sì il fecero non già per libera elezione, ma per paura d'imminente pericolo; onde trarremo motivo di tenere per vero il detto di quel filosofo: nessuno ente vivere al mondo più codardo di lui, che opera il bene per la sola paura del male.
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Dio Divinità
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