Rimanevano i Conti Simone e Roberto. Maione fece insorgere una rissa tra le milizie comandate dal Cancelliere Asclettino, e quelle del Conte Simone; descrisse quel tumulto come gli parve; aggiunse essere il Conte cagione di cotesti disturbi, congiurare insieme col Conte Roberto in pro del Principe di Capua; suppose lettere e messi, per modo che il Re, fatto arrestare Simone, senza pure ascoltarlo, lo condannava a perpetua prigionia.
Gravissima fu la indignazione dei popoli per così grave attentato; oggimai non potendo più sopportare la tirannide di Maione e di Guglielmo, proruppero in manifesta rivolta. Si videro a un punto la Calabria, la Puglia e la Terra di Lavoro, ardere di crudelissima guerra. Il Conte Roberto vinse Taranto; sovvenuto da Emanuele Comneno superò Bari, poi Brindisi; – tutta la Puglia sossopra. Nè meglio andavano le cose in Terra di Lavoro, chè quivi infuriava il Principe di Capua. Nel Picentino, meno Amalfi, Napoli e Palermo, ogni altra città venuta in mano di Riccardo dell'Aquila Conte di Fondi. Il Conte di Rupe Canina aveva sottomesso tutto il contado di Alife.
Guglielmo, logorando neghittosamente la vita nel suo palazzo, tutte queste cose ignorava, chè con molta avvedutezza gliele nascondeva Maione. Si manifesta finalmente la rivolta in Palermo: allora Guglielmo, conosciuto il pericolo, si mostrò al popolo, ed acquietò il tumulto: Butera occupata dai ribelli ricupera, Simone sprigiona, appresta milizie, e valica il Faro. Maione fu ad un punto maravigliato e atterrito da così repentino mutamento; e da che non gli fu possibile sopire quel subito ardore, stimò meglio seguirlo.
| |
Conti Simone Roberto Cancelliere Asclettino Conte Simone Conte Conte Roberto Principe Capua Simone Maione Guglielmo Calabria Puglia Terra Lavoro Conte Roberto Taranto Emanuele Comneno Bari Brindisi Puglia Terra Lavoro Principe Capua Picentino Amalfi Napoli Palermo Riccardo Aquila Conte Fondi Conte Rupe Canina Alife Maione Palermo Guglielmo Butera Simone Faro
|