Allora, secondo l'ordine della congiura, cavato fuori del palazzo Rogiero, primogenito di Guglielmo, lo fecero cavalcare per la città, e lo salutarono Re. In questa Gualtieri Arcidiacono di Ceffalù andava esponendo i delitti di Guglielmo, e confortava con la speranza delle virtù di Rogiero: il popolo applaudiva! Ma il Bonello non si vedeva. Senza un conveniente sussidio di armati non si ricava frutto dalle congiure: partiva Tancredi ad affrettarlo. Ormai erano trapassati tre giorni, nè il Bonello nè Tancredi comparivano. Romualdo Arcivescovo di Salerno, Roberto Arcivescovo di Messina, l'eletto di Siracusa, e il Vescovo di Mezzara, sia perchè in questa mutazione avessero perduto, sia che in una nuova sperassero acquistare, si dettero a persuadere ai Palermitani sprigionassero il Re: lo sprigionarono. I congiurati, dalla velocità dei moti smarriti e confusi, abbandonano Palermo. Guglielmo, trascorrendo armato le vie della città, vide farglisi incontro Rogiero, amabile ed avvenente giovanetto, sua gioia nel tempo passato, ora tutto giubbilante per la ricuperata libertà del padre; preso da profondo dispetto non ravvisa in lui il figlio, ma il nemico che volle strappargli la corona e la vita: lo percote nel petto: il giovane spira l'anima senza mandare un gemito: il popolo applaudiva! Guglielmo, avvedutosi del misfatto, deposta la veste reale, mettendo dolorosi guai, come se avesse perduto l'intelletto, schiuse le porte del palazzo, chiunque passava traeva dentro, e amaramente piangendo gli raccontava la sua disavventura.
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