Fu quest'eroe figlio naturale di Federigo, e di una Marchesa Lancia di Lombardia, ma come si ricava dal suo testamento, avanti di morire legittimato. Bellissimo di corpo, di biondi capelli, ed occhi azzurri, come tutti gli altri della famiglia di Svevia; era la sua persona maestosa, il portamento gentile; di costumi liberale e cortese: sortì dalla natura ingegno maraviglioso, conciossiachè egli sapesse poetare a modo dei Trovatori, suonare, e nessuno degli adornamenti cavallereschi ignorò: del pari che suo padre Federigo parlò speditamente diverse lingue, e fu intendente di cose naturali, come si rileva dai libri su la Caccia, che di lui ci rimangono: cupamente ambizioso, stimò ogni mezzo, purchè conducente al suo scopo, lodevole: capace di calcolare ogni delitto e commetterlo, e celarne il rimorso: simulatore e dissimulatore destrissimo, sprezzatore degli uomini e di Dio, nel mentre che con istrano contrasto si mostrò sempre umano, magnanimo, e perdonatore generoso. La sua anima fu grande, ma tenebrosa; nessuno uomo al mondo ha mai tanto somigliato a Lucifero, allorchè ribellando parte del cielo al suo Signore ne portò la fronte in sempiterno solcata dal fulmine divino.
Corrado si apparecchiava a visitare il Regno di Sicilia, che il suo augusto genitore soleva chiamare prezioso retaggio: imbarcatosi a Porto Navone, alla estremità del Golfo Adriatico, su le flotte pisana e siciliana, giunse felicemente sul principiare dell'anno 1252 a Siponto in Capitanata. Gli occorse Manfredi con magnifica comitiva, e fattegli le dimostrazioni del più sviscerato amor fraterno gli narrò le imprese eseguite, i pericoli superati, e con diligenza gli espose le presenti condizioni del Regno.
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