Giungeva al letto del moribondo.... Il volto di questo, livido per la presente malattia, più livido per la ricordanza dei suoi misfatti, appariva veramente terribile. Sporgeva le labbra tutte annerite come lo assetato; i capelli avea ritti, grondava sudore. Manfredi si abbandonò sul letto percotendosi il seno, piangendo dirotto, e ad ora ad ora esclamando: "Oh! signor mio, ch'è questo mai?" – "Manfredi," rispose a gran fatica il giacente "io muoio, e Dio sa come! abbi.... almeno.... pietà di mio figlio, Manfredi!..." Trasse un anelito, cadde riverso sul guanciale, e spirò.
Un uomo che non aveva mostrato dolore nè gioia, ma si era rimasto sempre allato dell'Imperatore, immobile come la statua di un Santo, trasse da parte Manfredi, e con parole tranquille gli disse: "Messere il Principe, fa mestieri provvedere: volete voi assumere il baliato del Regno?" – "Io dominare, Marchese Bertoldo?" rispondeva Manfredi: "oh! sono sazio, ma sazio assai delle cose della terra.... Io vo' passare la rimanente mia vita a piangere il mio fratello." – "Ben pensato, Principe: io co' miei Tedeschi sosterrò in Sicilia le ragioni di Corradino," soggiunse Bertoldo. "Vi aiuti Dio nella impresa." – "Amen," – riprese l'Hochenberg, e si allontanò.
Si sospettò súbito di veleno, ma ora a nessuno tornava dirlo. Il paggio saracino, che solo non aveva interesse a celarlo, non fu più visto in corte; e così Dio gli abbia salvato l'anima nell'altro mondo, com'egli certamente in questo perdè la vita. Tentò il Marchese Bertoldo di Hochenberg con quella improvvisa domanda penetrare la mente di Manfredi, ma questi era più destro a celare che non il Marchese a conoscere.
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