gridavano tutti.
Manfredi era giunto sotto le mura: un Saracino gli accennò un canale pel quale scolava un rigagnolo dalla città; il Principe si getta da cavallo, e si appresta a cacciarsi giù pel condotto: – nol soffrono gli spettatori, si fanno alle porte, le scuotono, le percuotono; – gli arpioni agli urti continuati lasciano la presa, e le imposte traendosi dietro una spaventosa rovina cadono a terra. Marchisio, che già armato muoveva per contrastare Manfredi, vedendolo avanzarsi tutto minaccioso, mutato consiglio, gli s'inginocchia, e gli fa omaggio come a suo signore sovrano.
L'acquisto di Lucera mutò i destini di Manfredi; vi trovava infiniti tesori, i quali, diffusi con accortezza, gli produssero in breve un forte partito, perocchè in ogni tempo il danaro sia stato la prima provvisione per la guerra, e in ogni tempo si trovassero uomini i quali posero l'anima allo incanto pel maggiore e migliore offerente. Ora il Pontefice spediva a tutta fretta un esercito sotto i comandi del Cardinale di Santo Eustachio per opprimere Manfredi sul principio di quelle grandezze; gli teneva dietro Bertoldo. Manfredi si mostrava apparecchiato a combatterli. Il Marchese di Hochenberg, seguendo sempre quella sua doppia e finta natura, mandò un messo fidato a tenere segrete pratiche d'accordo col Principe di Taranto. Rispose questi che volentieri lo raccoglierebbe nella sua alleanza; averlo sempre tenuto per caro fratello, ed amico; conoscere egli di troppo la prepotenza dei casi per volere far carico a Bertoldo della sua passata condotta.
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