I fatti che avvennero dopo appartengono all'epoca che deve percorrere quest'opera.
CAPITOLO NONO.
IL PRIGIONIERO
Oh! perchè almenoLungi da lui non muoio! Orrendo, è vero
Gli giungeria l'annunzio; ma varcataL'ora solenne del dolor saria;
E adesso innanzi ella ci sta: bisognaGustarla a sorsi, e insieme.
Conte Di Carmagnola.
Erano giunti a piè della scala. Il corridore appariva in parte illuminato da luce lontana. Si appressavano: giunsero ad un vestibolo separato dalla prigione con ispessi cancelli. L'anima e gli occhi di Rogiero percorsero in un baleno la scena che si offeriva. Vide un uomo quasi sepolto in una sedia: le sue membra non erano del tutto manifeste, imperciocchè fosse vôlto altrove il raggio della lampada; pure sembrava pallido e vecchio; i capelli aveva tutti bianchi, teneva gli occhi chiusi, pareva volesse assuefarli a morire. – Lì davanti stava un tavolino; sovr'esso una tazza e un Crocifisso. A canto della sedia per terra giaceva una lunga bacchetta tutta intaccata, e le tacche, benchè la più parte regolari, ad ora ad ora più profonde. Cotesta fu opera di dolore. – Allorchè quell'infelice chiusero là dentro, lo prese vaghezza di annoverare i giorni della sua prigionia, onde conoscere la durata di un tempo destinato a soffrire, e deliziarsi nella speranza che questo tempo andava a decrescere: forse ancora fidente di giorni felici, stimò doverne ricavare argomento di gioia, qualora le future condizioni potesse paragonare con le presenti. Adesso cotesta opera giaceva in terra negletta.
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Di Carmagnola Rogiero Crocifisso Allorchè
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