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      Egli? – Chi?....
      Il vostro figlio.
      Enrico prese con ambedue le mani il volto di Rogiero, e lo guardò fisso fisso, e lungo tempo, poi disse:
      Certo, quel tuo parmi sembiante di un nepote di Federigo: ma se veramente tu sei il figliuol mio, a che venisti sì tardi? – Ti ho chiamato anni e anni, come in un deserto di tempo. – Io non posso lasciarti tranne un retaggio di sventura. – Ogni affetto di padre è morto nel mio cuore.... il nome stesso suona per me una rimembranza di cosa lontana, obbliata, come la faccia del compagno della miseria nel giorno dell'orgoglio. Se venisti a vedere quanto sia schifoso il fine di una creatura avvilita, allontanati, te lo comando. – Se ti condusse la pietà, adoprati di uccidermi.... non tremare.... di uccidermi: abbi misericordia di me.... Io soffro patimenti atroci in questa ora, nella quale erro sospeso tra la morte e la vita... patimenti, pei quali diventa un parricidio il rifiuto di troncare i giorni di un padre. Tu poi assicurati, nè temere che Dio ti chieda ragione della mia anima. – La prima preghiera che farò innanzi al suo trono sarà per te, che mi liberasti da tanto dolore, e gli dirò che non ti punisca, perchè fu l'amore che ti condusse la mano; che perdoni com'io ho perdonato: che se poi la Sapienza divina vuole le sue giustizie, non sopra di te si aggravi, ma sopra colui che costrinse un figlio a dare la più alta prova di affetto al suo genitore – trucidandolo.
      E abbandonato il capo sopra la spalla manca di Rogiero, singhiozzava senza pianto.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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