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      Il giovane si affrettava a soccorrerlo; dai cancelli le tre persone misteriose accorsero al medesimo ufficio; – lo sollevarono: – aveva la bocca e le mascelle rigate di sangue, il naso pesto, – la fronte livida, – gli occhi fuori dell'orbita; – gli posero la mano su i polsi.... Lo sforzo della immaginazione in quelle membra prossime al disfacimento, e la percossa, lo avevano tolto dal numero dei viventi.
      Immenso furore occupò l'anima di Rogiero: si dette per la stanza a ricercare chiamando pietosamente suo padre, e lui scongiurava a rispondergli, e a non abbandonarlo sì tosto tra le mani dei suoi nemici. Sovente prorompeva in terribili minaccie, e l'atto del corpo si univa così violento a quell'impeto, che i circostanti a mala pena lo ritenessero; – gli strascinava qua e là duramente percuotendoli tra loro. Ora la esasperazione di Rogiero giunge al sommo; lo invade irresistibile il desiderio di morte; tenta spacciarsi da coloro che lo tengono, correre contro la parete, e darvi dentro col capo: il disegno non gli viene fatto che a metà, giunge al muro, ma non può uscire dalle mani dei circostanti che fanno ogni sforzo per allontanarnelo; – l'urto della testa, benchè non sia tanto da levargli la vita, vale però a farlo cadere privo di sentimento nelle braccia di chi lo sorreggeva dintorno.
      Il tempo che Rogiero doveva vegliare a guardia dei giardini del Re Manfredi era trascorso. Il maestro degli scudieri seguitato da quattro di questi s'incamminava alla gran porta del giardino per rilevare Rogiero dalla guardia, e sostituirgliene un altro: – non lo vedevano:– lo chiamavano: – nessuno rispondeva.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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