Rogiero intanto in compagnia di Roberto camminava con la benda su gli occhi: – gli parve adesso percorrere un sentiero diverso, nè s'ingannò: arrivato a capo di una strada, gli fu tolta la benda, e con immenso piacere vide il suo destriero legato al battente di una porta mezzo in rovina. Questa fu l'unica gioia che avesse in quella notte memorabile; gli si accostava, e amorosamente palpeggiandolo diceva: "Allah, Allah, tu dunque non hai derelitto il tuo signore! Io mi appresto a ramingare per la faccia della terra; vuoi tu essere il mio compagno, e il mio amico? – Bada ch'io sono infelice." – Il nobile animale, quasi volesse corrispondere alla fede che in lui riponeva il cavaliere, spiccò un lancio, e sollevando tutto brioso la testa dimostrò la sua passione con un sonoro nitrito. Rogiero riprese: "Ciò non t'importa, Allah! e nella lieta e nell'avversa fortuna non sono meno il tuo diletto padrone. – Oh! gli uomini.... gli uomini hanno la facoltà di calcolare dove vada a rovesciarsi la tempesta, e cansarsi: dove sta per piegare la fortuna, e tradirti; e questa lor facoltà si chiama ragione!"
Proferite queste parole, pose una mano su l'arcione, e senza toccare staffa saltò leggerissimo in sella; quindi voltosi a Roberto, che s'era rimasto immobile a considerarlo, gli stese la destra dicendo: "Roberto, io temo forte che noi non ci rivedremo se non che nella valle di Giosafatte; ma se mai alcuna altra volta ci riscontrassimo su questa terra, sovvengavi, ed io pure lo ricorderò, che vi ho stretto la mano, come ad amico, nell'ora della mia dipartenza.
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