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      Manfredi alla novella di tanti armamenti non si smarrì, ma come uomo di gran cuore e magnanimo si apparecchiò a ben ricevere il nemico. Grandissima fu la cura che pose da lato di terra a custodire i passi, afforzando Cepperano, San Germano, e mettendo scelto presidio in Benevento: per mare, le sue galere unite a quelle dei Pisani e dei Genovesi, che sommavano in tutte a meglio di ottanta, lo tenevano sicuro. Le forze del Re di tutta Francia, non che quelle di un Conte, parevano insufficienti a potergli far danno; pure tanto sono fallaci gli umani disegni, che, e per mare e per terra, fu con mirabile agevolezza abbattuto, siccome andremo narrando nel processo di questa storia.
      Ora Carlo considerando di quanto grande momento sarebbe stata la sua presenza in Italia, e la ventura non presentare più di una volta la occasione, a malgrado di molti che lo sconsigliavano, si dispose di montare sopra le galere e andare quanto più presto potesse a Roma: sapeva ben egli che Manfredi faceva guardare tutta la spiaggia romana, nè ignorava essere le sue galere appena un quarto di quelle del suo nemico; nondimeno creato Luogotenente per lo esercito di terra Guido da Monforte, ed a lui raccomandata la Contessa Beatrice, affidato in quel suo detto, che spessissimo soleva proferire, – buono studio vince rea fortuna, – salito in nave, comandò volgessero le prue verso la desiderata Italia.
     
     
      CAPITOLO DECIMOSECONDO.
     
      MESSINELLA.
     
      Egli ha pallido il volto, e gli occhi fieri;
      E in tutti gli atti, e movimenti suoi,


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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