Allora come portava il discorso, Guasparrino mi domandò: È egli ben vero, bel compare, che tra poco il nostro Signore stia per andare al conquisto di Napoli? – Sì bene. – E voi, mio bel compare, condurrete la vostra galera alla impresa? – Sì bene, perchè qual sente amore il Provenzale? Buona spada, buon vino, e bella dama. Se muoio, fatemi dire una messa, Guasparrino, qui presso al monastero dei Cordiglieri; se vivo, berremo al ritorno del vino di Sicilia. – Compare, risposemi allora Guasparrino, ponete mente al mio discorso: voi sapete ch'io sono troppo ricco mercante, e cogli anni giunto a tale età, che si ama, più tosto che ragunare nuovi danari a pericolo della vita, godersi tranquillamente i già radunati; però fino da qualche anno aveva pensiero di smettere negozio e ritirare il capitale, se non che mi ha sempre trattenuto il mandare sciopera pel mondo tanta gente che mangia il mio pane, non meno che alcune faccende che aveva a Pisa e a Firenze; ora poi queste faccende sono sbrigate, e mi rimane solo da accomodare la gente; noi potremmo, compare, farci scambievolmente piacere. – Parlate, Guasparrino. – Io ho una bella galera nuova e sparvierata, e questa intendo donarvi, con che promettiate mantenere la ciurma che mi piacerà porvi sopra, a quei patti che fino a questo momento ho mantenuto io. – Gran mercè, Guasparrino; chè la mia, quantunque ritinta di nuovo, credo sia sorella della barca su la quale il Patriarca Noè caricò le bestie, – perchè allora non erano tante in questo mondo.
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