Qual cosa si negherebbe allo amico? – la vita è stimata il dono più prezioso che la Divinità faccia all'uomo, e pure credesi povero sacrifizio all'amicizia: – facoltà, comodi, pace, sarebbe bassezza profferire; – l'onore non chiede, perchè si nudre di questo: l'amico ti seguirà in ogni sventura, ti sosterrà cadente, ti rileverà caduto, sarà la tua pompa nella gloria, sostegno nei disastri; piangerà al tuo pianto.... ora mi trovo condannato a piangere solo!"
E qui abbassa la faccia, e per lungo tempo: – quando la rileva, comparisce suffusa di lagrime; – gli occhi infiammati, come se avessero durato un qualche grande sforzo per farle sgorgare; – e tremante prosegue: "Io l'ebbi questo amico, – io lo amava, – e lo uccisi!"
La faccia gli ricade sul petto, il suo respiro diventa affannoso.
Io l'ho trafitto, e pure mio padre mi avea comandato di amarlo: – io l'ho trafitto, e pure il grido del mio cuore, più forte di quello di mio padre, mi costringeva ad amarlo! I nostri genitori quando nascemmo c'imposero i loro nomi medesimi, perchè la morte dubitasse di avere dominio sopra l'amicizia delle nostre famiglie; amavano che i secoli maravigliati riputassero i Folcando e i Gostanzo eterni tra i mortali per volere di Dio, onde stessero esempio perenne di questo nobile affetto. Bevemmo nella medesima tazza, riposammo nel medesimo letto, furono i nostri studii, e i nostri sollazzi comuni, e crescemmo stupore degli uomini, e benedetti dal Signore. Quando i nostri padri morirono, le ultime loro parole furono preghiere e consigli, per conservare lo scambievole affetto, ed aggiungevano essere questa la porzione più preziosa del retaggio che ci lasciavano.
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