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      – Che hai tu fatto? gli grido. Ei non mi ascolta, e corre, come il destino lo porta, dove il terreno rovinato gli appresta morte sicura. – L'afferro, – egli urla, più che dolore fisico può fare urlare umana creatura; incredibili sono i suoi sforzi per isvincolarsi dalle mie braccia: forse sarebbe giunto a sfuggirmi, se non fosse stato quasi vuoto di sangue. Me lo carico sopra le spalle, e mi pongo a cercare una uscita; – da tutte le parti fuoco: e bene sia, – arderemo insieme, e troveranno le mie ossa abbracciate alle sue: egli ha misfatto, ma, innocente o scellerato, io l'amo quanto l'anima mia. Fermo in questo pensiero, mi ritraggo un poco indietro, quindi mi do a correre a capo basso, e m'immergo nelle fiamme: elleno mi avviluppano intero; io le vedo scorrere ora sotto i miei piedi come onde trasportate dalla bufera, ora avvolgersi in colonne spirali, e circondarmi di certissima morte; – fuoco divampavano le vesti, fuoco i capelli; la carne incotta, gli occhi per tanta luce divenuti ciechi. Il dolore accelera il passo, il termine della fiamma è vicino; – un urlo acutissimo si spande allo intorno, ma io non vedo nè odo più nulla, perchè stramazzo come morto per terra. Allorchè mi rinvenni, vidi un Frate Benedettino, antico famigliare di casa, seduto accanto al mio letto; il quale prima che io parlassi mi fece cenno di tacere, ma io non potei trattenermi da sospirare: – Berardo? – Vive, rispose il Frate, ma voi tacete in nome di Dio. – Non posso; Padre, io sento che più poche ore di vita mi rimangono; volete ascoltare la mia confessione?


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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