– Ma poichè, aggiunge lo Storico, i nostri tempi non sono più quelli del buono Re Artù, nei quali le fate donavano gli scudi incantati perchè Lancillotto vincesse il Castello della Guardia Dolorosa59, Gorello versava sangue da molte parti del corpo, onde, sentendosi scemare la lena, e crescere le percosse, tentò di porre le spalle al maggiore albero della galera, e quivi difendersi, finchè gli reggessero i polsi; gli venne fatto il disegno, e lì menando in giro l'accétta potè ancora per alcun tempo tenere gli assalitori lontani; mentre però essi s'ingegnano circondarlo intenti a finirlo, egli inciampa in un cadavere, e cade; l'avrebbero adesso agevolmente posto in brani, se il Cielo, che lo serbava a più atroce destino, non lo avesse soccorso con mirabile caso: puntellando il pugno su la faccia del morto giunge a rilevarsi in ginocchio; ora un Siciliano che gli stava al fianco destro, desideroso di trapassarlo, abbassa il braccio armato di pugnale, e con esso la persona; il ferro male assestato lo coglie alla tempia, e di un taglio poco profondo lo incide fino alla mascella. Avete mai considerata la rabbia degli uomini? Il detto comune la paragona a quella del tigre; ciò non è già perchè la uguagli, ma perchè tra le rabbie delle bestie non se ne trovi altra che le si accosti, benchè alla lontana, come quella del tigre: – l'uomo è unico, profondamente terribile in tutte le cose.
Con rabbia sì fatta che non ha paragone, Gorello afferra il braccio del feritore, e glielo stringe in guisa, che i tendini costretti non possono fare articolare la mano; poi glielo torce nel seno, e lo forza a ferirsi; l'ucciso, che uomo di vastissime membra era, piomba addosso a Gorello, lo copre della propria persona, e fa che nuovamente giaccia disteso per terra: questa ventura fu operata in un punto, così che un altro che teneva alzata l'accétta per trucidare Gorello, di piena forza la vibra nelle spalle del morto compagno.
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